Quando l’estetica interferisce con la salute

Da tempo, sia in ambito professionale che scientifico in odontoiatria ci si è resi conto che la difficoltà maggiore è nel capire quali siano le aspettative dei nostri pazienti e nel far capire loro quali siano i limiti scientifici attuali e delle tecnologie a nostra disposizione.

Se anni fa si pensava all’estetica solo nella ricostruzione protesica o nei trattamenti conservativi (otturazioni) degli incisivi superiori, con dei limiti enormi e, comunque, inaccettabili secondo i canoni attuali, ora l’estetica del sorriso deve essere valutata in toto e deve accompagnare la maggior parte dei trattamenti odontoiatrici, e questi non possono prescindere dal contesto nel quale vengono effettuati, cioè dall’apparato masticatorio in particolare, ma cosa molto importante dalle labbra e dal viso in generale.

Attualmente sembra che gran parte delle attenzioni legate all’attività odontoiatrica siano orientate verso l’ottenimento dell’estetica ideale in tutti i settori, dando per scontato che la funzione la si possa ottenere.

Non è in realtà così semplice come si potrebbe pensare in quanto il ripristino della situazione iniziale sia che si sia effettuata della chirurgia odontoiatrica, che trattamenti conservativi o protesici o ortodontici è, comunque, legato al momento in cui viene effettuato, all’età del paziente trattato, al deterioramento fisiologico, ineluttabile, che è presente in ognuno di noi e che coinvolge l’apparato masticatorio, i tessuti di sostegno, duri e molli e i tessuti circostanti.

Il ripristino e il ringiovanimento passano attraverso dei trattamenti che dovranno ricostruire da un lato e “mascherare” dall’altro, ma che difficilmente potranno ricreare la situazione iniziale.

L’odontoiatria e, in particolare, le sue branche più coinvolte nell’estetica dento-facciale stanno andando troppo in là, o troppo in giù come dicono i critici di questa tendenza?
Due studiosi di bioeticaDonald Patthoff * e David Ozar** in un articolo pubblicato in USA sostengono che è necessario tenere sempre ben separati le necessità del paziente dai suoi desideri.

Alla necessità, segue l’erogazione di una prestazione sanitaria mirante a ripristinare o a preservare lo stato di salute; al desiderio, corrisponde la prestazione che tende a soddisfare l’aspirazione estetica individuali.
Dal punto di vista etico si tratta di una distinzione fondamentale, poiché va a influire sulla percezione che la società ha dell’operato dei professionisti sanitari e dei benefici che essi portano a tutti con il loro lavoro e il loro sapere.

In pratica, da tale percezione dipendono il rispetto, la credibilità e, quindi, il prestigio della professione odontoiatrica.
Quando nella pratica clinica la ricerca dell’estetica avviene senza tenere nel dovuto conto i risultati, c’è il serio rischio di offuscare l’insieme dei valori rappresentato dalla professione. Naturalmente, si tratta di un rischio che non incombe solo sui dentisti ma su tutti i professionisti della salute che forniscono prestazioni più orientate ai desideri che alle necessità.

Tra i requisiti etici della professione odontoiatrica c’è anche quello di badare all’estetica: le cure eseguite devono fare in modo che i denti appiano armoniosamente inseriti nell’aspetto facciale, ma questo non determina il successo estetico. Per questo contano i gusti individuali del paziente mentre il professionista deve garantire che materiali e tecniche usate non ledano la salute e deve aiutare il paziente a fare le scelte più adeguate per ottenere il risultato.
Ma quando si tratta di pura odontoiatria estetica, il fine del trattamento (che non è più una terapia) non è quello di applicare la speciale competenza del dentista nel soddisfare una necessità clinica, ma è la pura soddisfazione dei desideri del paziente-cliente. E sono questi desideri, che si tramutano nel giudizio del cliente, il fattore essenziale per determinare se l’operato del dentista sia stato all’altezza della richiesta oppure no.
E’ evidente che la differenza dei fini e la distinzione tra terapia e trattamenti non terapeutici cambia radicalmente la relazione curante-paziente portandola dall’ambito sanitario a quello commerciale e tramutandola in un rapporto fornitore-cliente.

Seguendo la legge italiana, un passaggio del genere obbliga il dentista a raggiungere il risultato concordato col cliente (obbligazione di risultato) e non più semplicemente a usare tutti i mezzi per risolvere un problema clinico (obbligazione di mezzi).
Oltre che sul rapporto curante-paziente, possiamo pensare che la crescente diffusione dell’odontoiatria puramente estetica, insieme con le strategie di marketing che la sostengono, possa ripercuotersi negativamente anche sul prestigio sociale della professione e sulla sua riconosciuta autorevolezza. Il primo effetto negativo è che il pubblico potrebbe cominciare a credere che l’estetica venga considerata dai professionisti tanto importante quanto la salute e la vita.

La professione odontoiatrica, così come quella medica, si basa su una scala di valori dove si trovano, in ordine di importanza, la vita, la salute, l’autonomia del paziente e solo alla fine le considerazioni estetiche.

E se è difficile che i pazienti in sala d’attesa discutano di questa scala di valori, è sicuro che diano per scontato che sia questa scala etica a guidare l’operato dei professionisti. Vale a dire, anche se non hanno studiato latino (primum non nocere), è proprio questo che i pazienti si aspettano e su ciò si basa la fiducia che essi accordano al loro dentista.

Quindi, la fiducia del pubblico nel comportamento basato su un’etica precisa è il presupposto indispensabile del prestigio della professione e della competenza specifica che le si attribuisce.

Ma, se il paziente non riflette più di tanto su questi valori etici perché li dà per scontati ma la pubblicità parla solo di estetica ed il professionista a sua volta ne parla come mai prima, c’è il serio rischio che comincino a dubitare della scala di valori che guida le mani del loro dentista. Non solo, c’è il rischio che i dentisti perdano parte della loro reputazione di professionisti dotati di competenze specifiche: se l’estetica è il solo scopo di un trattamento ed è il giudizio del cliente quello che conta, è normale che questo porta il pubblico a ridurre la competenza che attribuisce al professionista.

I mutamenti sociali necessitano di tempi lunghi ma possono minare il prestigio di una professione: perciò è necessario interrogarsi su questi argomenti, altrimenti si lascia completa libertà di manovra agli uffici marketing , ai mezzi di comunicazione, i cui bilanci dipendono sempre più dalla vendita di spazi pubblicitari e quindi dagli stessi uffici marketing, e a quei dentisti che vedono nell’estetica una fonte di guadagno e basta.

Quando pure si decida di eseguire un trattamento puramente estetico, perché si è compreso che, dal punto di vista psicologico, il paziente trarrà realmente un beneficio nella sua salute fisica e psicologica è importane, secondo gli autori Patthoff e Ozar, fare capire al paziente che alla base c’è comunque la competenza di un “professionista che sa” e sceglie materiali e tecniche considerando prima di tutto la salute e la sicurezza.

La priorità dei valori etici deve essere ben evidenziata e deve guidare la scelta del trattamento.

Il dentista e l’igienista devono spiegare che i trattamenti estetici necessitano di controlli periodici e di nuovi interventi a lungo termine e deve, soprattutto, avere sempre presente la differenza tra necessità e desideri.

La reputazione della professione dipende anche dai messaggi che gli stessi dentisti ed igienisti inviano al pubblico.

Irene Riccitelli Guarrella

Past Presidente Europeo (EFDH)

Dal 1988 fa parte dell’American Society for Dental Ethics di cui è stato presidente; dal 2001 è membro del comitato etico dell’American College of Dentists. Lavora come dentista generico dal 1983.

**Docente di etica medica presso il dipartimento di filosofia della Loyola University di Chicago; è membro onorario dell’American College of Dentists. Nel 1987 ha fondato e ha presieduto l’American Society for Dental Ethics. E’ coautore del testo Dental ethics at chairside edito dalla Georgetown University Press.

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